mercoledì 19 dicembre 2012

Mozambico: In "chima" alla catena alimentare

una notizia al giorno per ribadire che IL CIBO È PER TUTTI – se aderisci fai girare!

(Francesco Margara da Nampula) - Chima e fagioli, chima e pollo, chima e carril di verdure: se potessero la chima la metterebbero da queste parti anche nel caffellatte!
La chima, ovvero farina di mais, è l’alimento base dei mozambicani. Poveri o ricchi, al nord e al sud, al mare, nelle zone rurali o in città, la chima deve essere sempre in tutti i piatti accompagnata da qualsiasi cosa! Qualcuno potrebbe associarla a una polenta locale, e non si sbaglierebbe nemmeno tanto, ma qui la chima è differente dalla nostra amata polenta. Prima di tutto è bianca, visto che deriva da una varietà di mais locale; in secondo luogo viene macinata spesso a mano con grandi mortai di legno artigianali; inoltre il valore nutritivo è decisamente inferiore alla nostra farina gialla. Di fatto 100 g di chima contengono appena 354 kcal, 8 g di proteine, 77 g di idrati di carbonio e 2 g di ferro, mentre tutto il resto non ha nessun valore nutritivo. La chima quindi è un alimento che fornisce energia ma non ha grassi, né proteine in quantità sufficienti, ed è molto povera di vitamine.
Carboidrati e poco altro, insomma e dal sapore pressoché nullo sebbene con un potere di “riempimento” altissimo!
È per questo che tutti la vogliono, in alternativa al riso che è piatto da giorni di festa.
Noi occidentali siamo molte volte mal visti perché, magari, mangiamo un pezzo di pollo accompagnato dall’insalata e non ci mettiamo la chima accanto. In quei casi il commento è un po’ un equivalente del nostro “Ah… ma allora questa non è vera fame!!!”, come a dire che senza la chima non ci si riempie la pancia. E lo stesso dicono quando ci vedono mangiare un piatto di pasta: “ah, ma quella non è chima, non toglie la fame, cosa lo mangi a fare!?”.
Fufu, pap, fungi, nshima o ugali…Nomi differenti in Paesi diversi per identificare sempre la stessa cosa: la chima!, ovvero il piatto nazionale, la base di qualsiasi tipo di pietanza, e anche molto di più.
Con la chima ad esempio viene prodotto il “maheu”, una bibita energetica venduta a pochi centesimi che sembra un frappè di farina di mais. Può piacere e non piacere ma qui in molti si comprano la loro bottiglietta, riciclata, di maheu a metà mattina per arrivare fino al pranzo. In altri casi la farina bianca poco lavorata viene messa a fermentare fino a dare un prodotto chiamato “cabanga”, vera e propria specialità per gli intenditori! Molti potranno pensare che in fondo si tratta del solito piatto povero per i poveri, così come la polenta lo era per i nostri nonni, vissuti nell’ottocento o durante le guerre quando si mangiava con del pesce secco strusciato sopra per insaporire il tutto. Forse non sbagliereste di tanto ma, appallottolarla tra le mani e intingerla nel mare di sughetto del proprio piatto, posso assicurarvi che è un piacere speciale!

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