giovedì 27 dicembre 2012

Haiti: il piatto piange, ma l'Oriente sorride

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Sono tempi duri per gli aiuti internazionali allo sviluppo destinati ad Haiti, in continua diminuzione dopo il boom del 2010. L'isola caraibica non è più sotto i riflettori delle Organizzazioni Internazionali, che la lasciano per privilegiare paesi colpiti da nuove catastrofi in cui concentrare aiuti di emergenza ad alto ritorno, soprattutto in termini di visibilità. Ma dal Giappone arrivano aiuti per favorire la sicurezza alimentare.
Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale avvertono che i tempi a venire non saranno rosei per Haiti, e auspicano un miglior uso dei fondi esistenti e una maggiore capacità di garantire le entrate fiscali al governo nazionale. La scorsa settimana è stato il fondo Clinton/Bush ad annunciare la sua chiusura il 31 dicembre 2012: i 54 milioni di dollari previsti per soccorrere Haiti sono stati spesi: sul come, e con quali risultati, le opinioni non sono univoche.
In un paese in cui il 60% del budget dipende ancora dai fondi della cooperazione, questa tendenza alla costante diminuzione, logica conseguenza della “normalizzazione” del paese dopo il sisma e della crisi che persevera nei paesi donanti, raffreddandone i fervori umanitari, non può che ingrigire l’orizzonte. La normalizzazione ad Haiti significa ordinaria insicurezza umana, diffusa in ogni settore dello sviluppo, e ancor più alimentare, dopo le ultime catastrofi naturali e le conseguenti perdite a livello agricolo.
L’economia informale preponderante nel paese riduce le prospettive di raccolta interna di fondi; inoltre la cattiva governance indebolisce l’efficacia e la credibilità delle più recenti iniziative di creazione di commissioni di coordinazione degli aiuti internazionali che dovrebbero massimizzarne l’efficacia.
Tuttavia, qualche piatto caldo arriva ancora sul tavolo delle relazioni bilaterali.
In questo mare in risacca il presidente Martelly rincorre gli alleati, storici e novelli, della cooperazione con Haiti, e porta a casa qualche pesce grosso, tutto a favore della sicurezza alimentare. Dopo l’apertura del consolato rumeno ad Haiti, e gli esiti della negoziazioni con la cooperazione della Corea del Sud (nel settore tessile, soprattutto), le migliori notizie per la sicurezza alimentare arrivano dal paese del Sol Levante, con cui Haiti ha relazioni da più d’80 anni.
L’ultima visita di Martelly in Giappone aveva prioritariamente l’obiettivo di riaffermare i legami di solidarietà tra i due paesi e definire gli accordi con l'Agenzia di Cooperazione Internazionale Giapponese (JICA), considerata la maggiore agenzia pubblica di cooperazione bilaterale al mondo, soprattutto nel settore ambientale e della sicurezza alimentare. Sarà la solidarietà creata dai drammatici effetti dei recenti terremoti, che hanno sofferto entrambi i paesi in tempi recenti, sarà il martellante messaggio del presidente sulla necessità di appoggiare lo sviluppo sostenibile reiterato durante tutta la sua visita diplomatica...
Di fatto, Martelly torna a casa con un aiuto di 6,5 milioni di dollari per rinforzare la produzione agricola e migliorare la sicurezza alimentare.
Vale la pena inoltre ricordare che dei 10 miliardi di dollari promessi dalla comunità internazionale il 31 marzo 2010 per la ricostruzione post-sisma, la contribuzione nipponica si elevava a 100 milioni. Secondo il Ministero di Affari Esteri giapponese, i fondi versati hanno raggiunto i 140 milioni favorendo i settori sociali di base (alimentazione, salute e educazione) e dando priorità a interventi volti alla ricostruzione e alla riabilitazione di infrastrutture pubbliche, in particolare di sistemi idraulici per la fornitura d’acqua (a Leogane ad esempio), e alla formazione di tecnici nel settore agricolo. È
in questa linea che si inserisce l’appello del governo haitiano alla JICA, affinché mantenga come priorità la sicurezza alimentare e la protezione ambientale (quest’ultima strettamente connessa alla prima), contando sull’esperienza e superiorità tecnica e tecnologica giapponese in questi temi.

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