venerdì 14 dicembre 2012

Guatemala: Il mais, patrimonio culturale..di altri

una notizia al giorno per ribadire che IL CIBO È PER TUTTI – se aderisci fai girare!

(Gaia Consadori da Chinantenago) - Con un accordo governativo, in Guatemala, il mais é stato dichiarato patrimonio culturale della nazione, in quanto “parte della mitologia, cosmogonia, calendario, architettura, tradizione orale, spiritualità e pratica del popolo maya”. Questo però non significa che la sua tutela si sia trasformata anche nella pratica in una politica pubblica. La difesa del mais rimane infatti ancora relegata in un ambito simbolico e, tra la realtà e le dichiarazioni ufficiali, non vi é molta coerenza.
In Guatemala risulta infatti evidente che il mais ha ormai perso la battaglia per la terra. La sua produzione é ferma, se non in diminuzione, da diversi anni. O, in ogni caso, non aumenta in modo proporzionale all’aumento della popolazione. In un contesto in cui questo cereale ricopre un ruolo fondamentale nel garantire l’alimentazione della popolazione, la sua importazione é aumentata del 22% negli ultimi 4 anni. 
E sopratutto il suo prezzo aumenta. Secondo il BIC (Banco Centroamericano de Integración Económica), ogni famiglia destina il 39% delle sue entrate all’alimentazione. E’ facile comprendere perciò il problema che affrontano le famiglie piú povere, per le quali il mais costituisce il maggior apporto calorico, quando il prezzo del cereale aumenta tra il 34 e il 45% nell’arco di pochi mesi. Significa per molti una condanna all’aumento della fame sopratutto nell’area rurale dove contadini o braccianti devono rivedere il proprio modello alimentare a scapito del loro stato nutrizionale.
Molti paesi, sopratutto europei, adottano misure protezionistiche per tutelare le proprie risorse culturali e naturali. Una delle politiche, portate avanti dalla stato guatemalteco per evitare l’aumento dei prezzi, é stata invece favorire le importazioni estere attraverso la riduzione di tasse all’entrata portando all’aumento del cereale proveniente da Stati Uniti e Messico. Meno terra dedicata alla produzione locale e acquisto di prodotti dall’estero, che nel caso degli Stati Uniti sono parte di agricoltura sovvenzionata che entra al mercato locale.

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