“Un piatto caldo non si rifiuta a nessuno”. Un’espressione popolare
antica che esprime, con il calore e la genuinità del linguaggio della
gente comune, un principio che le grandi assisi internazionali avrebbero
poi, a più riprese, fatto proprio per ribadire un valore universale,
comune a tutti i popoli della terra:
il diritto al cibo è un diritto
fondamentale della persona, un diritto inviolabile, un “punto di non
ritorno” la cui violazione getterebbe un’ombra sulla stessa natura umana
così come oggi la intendiamo e che metterebbe in discussione il patto
fondativo che ci fa sentire tutti parte integrante della società e della
civiltà.
Per questo il diritto al cibo, con il suo conseguente inevitabile
corollario di lotta alla fame, trova uno spazio così ampio nelle leggi e
nei piani di azione promossi dalle istanze del governo internazionale,
Organizzazione delle Nazioni Unite per prima.
E
a questo tema, appunto,
la comunità internazionale, dedica
una ricorrenza annuale: la Giornata mondiale dell’alimentazione che si
celebra il 16 ottobre.
Il punto
Diritto al cibo.
Un diritto così importante eppure ancora così ampiamente violato.
Nel 2000, la comunità internazionale, in uno dei suoi summit più
importanti che avrebbe condizionato le politiche internazionali di
sviluppo dei decenni successivi, ne aveva fatto la sua bandiera. Il
primo Obiettivo di Sviluppo del Millennio recitava infatti proprio
questo: dimezzare la povertà nel mondo e azzerare la povertà assoluta,
quella che per l’appunto porta alla fame, entro il 2015.
Oggi le stesse agenzie dell’ONU ci dicono che non ce la faremo: nel 2015
la fame rimarrà una vergogna internazionale che colpirà ancora milioni e
milioni di persone in tantissimi paesi.
Proprio l’altro ieri, un’altra importante istituzione internazionale, la
Banca Mondiale, prendeva atto di questa situazione e varava la sua più
importante ristrutturazione interna dalla data della sua costituzione,
con l’obiettivo di attrezzarsi per essere più incisiva sullo “sviluppo
di tutti”. In quello stesso incontro, questa istituzione istituiva la
nuova road map: azzeramento della fame nel 2020, azzeramento della
povertà nel 2030.
Che fare
Se il diritto al cibo è quindi universalmente riconosciuto come
pressante, il suo raggiungimento è ancora lontano nel tempo.
Paradossalmente tutto questo dà ragione a una Organizzazione come la
nostra che, da sempre, sostiene che l’eradicazione della fame non si fa
con gli aiuti alimentari ma con lo sviluppo di quelle comunità che dalla
fame sono colpite.

A
sua volta, lo sviluppo vero non si cala dall’alto, non è pianificato a
tavolino dai governi e dai loro tecnici ma consiste nel dar fiducia,
strumenti e protagonismo alle donne e agli uomini di quelle comunità.
Per questo, noi diciamo che è inutile produrre più alimenti e sperare
che poi l’economia e la politica li ridistribuiscano: purtroppo le
affidabilissime statistiche internazionali sono inclementi a questo
riguardo e certificano come già oggi il cibo prodotto nel mondo sarebbe
più che sufficiente per sconfiggere la fame. Sprechi e speculazioni
finanziarie distruggono una quota significativa di questo cibo
condannando alla fame milioni di persone.
La speculazione si concentra in particolare sui cereali, grano, riso,
mais, per quella scellerata idea che dall’inizio degli anni 2000 ha
portato a deviare quote sempre più significative della produzione
mondiale di cereali verso l’utilizzo industriale come biocombustibili. E
i combustibili, si sa, sono quotati in borsa: quando nel 2009 la
speculazione ne ha fatto uno dei suoi obiettivi principali,
automaticamente il prezzo dei cereali è schizzato alla stelle causando
una delle crisi alimentari più gravi della storia recente.
Facciamo la nostra parte
Il nostro impegno quindi va alla
promozione della sovranità alimentare, cioè al diritto di ogni comunità, popolo, paese di avere il controllo sulla produzione del cibo di cui necessita.
E nella sovranità alimentare, i cereali ricoprono un posto di primo piano.
Nei nostri progetti possiamo trovare tanti esempi di come questo possa diventare realtà!
Nella poverissima regione di Potosì in
Bolivia, le famiglie
contadine riunite nella associazione locale di produttori di cereali
sono oggi proprietarie di un piccolo impianto agroindustriale con cui
producono farine arricchite di cereali. Sempre grazie al nostro
progetto, questa associazione ha convinto il locale municipio a
rinunciare agli aiuti alimentari internazionali e ad utilizzare invece
queste farine arricchite nel programma di merenda scolastica di cui
beneficiano tutti i bambini delle locali scuole elementari. Il risultato
è stato duplice: si è migliorata l’alimentazione dei bambini
incentivando allo stesso tempo la frequenza scolastica.

In
Burkina Faso,
nella regione di Cascades, gruppi auto organizzati di donne preparano
pappette nutrizionali utilizzando cereali messi a disposizione
dall’intero villaggio per curare i bambini affetti da malnutrizione. Il
risultato è che il tasso di malnutrizione in questa regione è sceso dal
15% del 2008 al 6% del 2012.
Ad
Haiti, in una terra violentata da un selvaggio disboscamento
che ha inaridito i suoli fino a renderli quasi sterili, abbiamo
ragionato insieme alle associazioni contadine per trovare possibili
soluzioni. Ne è scaturita la decisione di riprendere la cura della terra
e dell’ambiente, ripiantando alberi da frutta e da legna, proteggendo i
suoli più esposti all’erosione, realizzando opere di contenimento per
rallentare la furia delle acque dei torrenti e ridurre i rischi di
inondazione dei fiumi.
Come risultato parallelo di questa azione, pochi mesi fa, abbiamo
inaugurato un mulino pubblico a cui le famiglie contadine portano il
proprio mais per ottenerne farina. Proteggendo l’ambiente quindi, si
migliora la produzione di cibo.
Una giornata per loro
A tutti questi piccoli ma grandi protagonisti vogliamo quindi dedicare
questo 16 ottobre 2013: grazie al loro impegno e a quello di molti altri
protagonisti come loro, un mondo senza fame sarà finalmente possibile!
Valentino Piazza
Direttore ProgettoMondo Mlal